Il Doge di Venezia riceve gli Ambasciatori esteri

Acquaforte e bulino; (540 x 431) mm. Rifilata alla battuta. Incollata su cartoncino moderno. Proveniente dalla raccolta delle “Feste ducali” pubblicate a metà del settecento da Giuseppe Battaggia. In basso a sinistra: “Antonio Canal pinxit”; in basso a destra: “Jo. Bap. Brustolon inc.”. Al margine inferiore al centro “Il Doge di Venezia riceve gli Ambasciatori esteri”. Più sotto “presso Giuseppe Battaggia Venezia”. Originario del bellunese Giambattista Brustolon nacque a Venezia nel 1712. Secondo il Moschini il suo apprendistato si svolse presso quella fucina di geni che fu la bottega del Wagner; certamente egli cominciò ad applicarsi all’intaglio in giovane età : nel 1730, appena diciottenne incise con notevole abilità il ritratto del conte friulano Francesco Beretta. Come illustratore di libri dimostrò una abilità fuori dal comune, tanto che nel 1767 venne incaricato dal Console Britannico Joseph Smith, mecenate o meglio procuratore di Canaletto, a realizzare le cento tavole rappresentanti le sue gemme e cammei pubblicato sotto il titolo di Dactyliotheca Smithiana. Nel 1763 uscì con l’album “Prospectum Aedium Viarumque insigniorum Urbis Venetiarum”, dedicate al Doge Marco Foscarini, prima in dodici vedute, da Canaletto, quindi in ventidue, da disegni o pitture di Marieschi e Moretti. Dal 1766 realizzò l’altra grande opera della sua carriera: le “Feste Dogali”, da disegni acquerellati di Canaletto. L’artista morì a Venezia “nella contrada di San Cancian” il 16 ottobre 1796 “per frequenti accessi di colica nefritica”, come risulta dall’atto conservato in quella parrocchia. Alpago-Novello: “Ove si confrontino le incisioni del Brustolon con quelle dei medesimi originali del Canaletto trassero Giampiccoli o il Sandi, bisogna riconoscere al Nostro un’ariosità e pastosità superiori, inisiema ad una più sicura distribuzione e graduazione dei chiaroscuri: una eminente personalitò artistica insomma”. Pignatti: “Brustolon seppe rendere spesso la trasparenza dei cieli del Canaletto, e la luminosa brillantezza delle architetture. Fece uso notevole del bulino e di ripetute morsure, spesso avvicinandosi ad effetti di acquatinta…”. Succi pag. 93.

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