Hadrianus tit. S. Grisogonis r.e. card. Batonien. De sermone latino, et modis latine loquendis. Nuper a mendis plerisque expurgatus, & in suum pristinum candorem restitutus. Eiusdem venatio ad Ascanium Cardinalem

In-8 (8) c. 167 c. (1) c. In fine: Gatto con topo in bocca, in cornice figurata. Motto: Dissimilium infida societas . Piena pergamena. Manoscritto sugl’usi medicinali del corallo all’ultima carta. Foro di tarlo al margine bianco superiore dalla carta 6 che si protrae per alcune decine di carte ed un altro dalla carta 120 alla 140. L’opera ebbe un successo straordinario, e venne stampata più di trenta volte, fino alla fine dell’8oo; la sua fortuna si deve soprattutto al poemetto finale di argomento venatorio: nei suoi 428 versi viene descritta una caccia organizzata dal Card. Ascanio Sforza, cui è dedicato, nei pressi di Tivoli, in vicinanza delle Acque Albule; battuta di caccia che venne seguita da un sontuoso banchetto ed alla quale partecipò anche l’autore. La “Venatio” è la prima opera di caccia in cui si accenni all’esistenza del fucile, col quale il tedesco Libs della Sicambria, qualificato dal Castellesi come l’inventore di tale arma, aveva ucciso un istrice. Castellesi, Adriano (da Corneto) latinista, grecista, ebraicista, nacque attorno al 1458, fu segretario di Adriano IV,che lo fece Cardinale, ebbe importanti nunziature , e fu anche in Inghilterra presso Enrico VII. Espertissimo negli affari, si arricchì grandemente, destando in tal modo l’invidia di Cesare Borgia, che tentò di avvelenarlo. Andato in esilio e ritornatone all’avvento di Leone X, dovette ritornarvi perché accusato di aver parte nella congiura del Card. Petrucci. Da questo momento di lui non si seppe più a: sembra che sia stato assassinato, a scopo di furto, da uno dei suoi servitori. (Ceresoli – Bibliografia … su la caccia, la pesca…). Melchiorre Sessa, tipografo e libraio attivo a Venezia, figlio di Giovanni Battista il vecchio, stampò da solo dal 1506 al 1516; poi fu in società con Pietro Ravani, e dal 1526 riprese a lavorare da solo. Sposò Veronica Barone ed ebbe 6 figli. Come editore, si servì di molte tipografie, tra cui quelle dei Nicolini da Sabbio, dei Giglio, di Bernardino Bindoni e di Francesco Rampazetto. Vianello ipotizza che abbia usato sia l’insegna della gatta che quella della nave. La sua bottega si trovava a San Giuliano, vicino al campo San Lio. Morì probabilmente nel 1565; la firma Melchiorre Sessa dal 1555 al 1565 potrebbe riferirsi sia al padre che al figlio omonimo. Ceresoli 140.

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